Cosa vedere nei dintorni: le diverse anime del territorio
Il Parco delle Querce è al centro di un’area turistica che crea attrattive 365 giorni all’anno. Oltre alla riserva naturale (vedi pagina dedicata) è possibile scoprire altre bellezze naturalistiche come la costa ionico-salentina del golfo di Taranto, che alterna spiagge bianchissime a insenature rocciose, boscose e selvagge man mano che si scende verso sud. Elencheremo schematicamente solo le località raggiungibili intorno ai 20/25 minuti di viaggio (raggio di 20 km dal vostro hotel).
MARTINA FRANCA, l’anima nobile
Rimanendo nelle immediate vicinanze la città di Martina Franca (ad appena 11 km dal Complesso Turistico), definita la capitale della Valle d’Itria, propone un centro storico di grande interesse storico e artistico, ricco di chiese in stile barocco, palazzi baronali dai portoni maestosi (che mostrano un passato nobile della città), lo splendido Palazzo Ducale, le tante mura medievali che circondavano la città di fondazione angioina ed un panorama sulla Valle a perdita d’occhio.
Da non perdere lo splendido scenario di Piazza del Plebiscito con i suoi portici famosi in tutto il mondo e la Basilica di San Martino, con una facciata imponente in stile barocco. La Basilica contiene una curiosità, ovvero nella parte destra sono presenti solo statue, mentre la parte sinistra è ornata esclusivamente da dipinti. È presente anche una statua della Madonna Ausiliatrice e un Gesù Flagellato alla Colonna del 1622.
Nella piazza anche il Palazzo dell’Università e la torre dell’orologio. Di fianco alla Basilica è possibile ammirare la chiesetta affrescata del Monte Purgatorio, antica sede della confraternita dei preti risalente al 1649. L’interno, ad aula rettangolare, offre un soffitto completamente dipinto a tempera riproducendo l’effetto delle volte a cassettoni esagonali misti a roselline rinascimentali. All’interno di questa chiesa è conservata una delle opere più significative del pittore martinese, Giovanni Caramia, San Michele Arcangelo con le anime purganti. Sull’altare maggiore è ben visibile la statua della Beata Vergine delle Grazie in pietra policroma. Al piano superiore c’è l’antico oratorio della confraternita dei preti. Il soffitto è interamente rivestito con tavole ricoperte da tele dipinte.
Interessanti e da non perdere anche altre chiese, quali quella di San Domenico e il convento attiguo. Poi ancora la Chiesa di San Giovanni dei Greci, che ha conservato struttura interna medievale (solo la facciata è stata rifatta in stile barocco in sede di ampliamento nel XVII secolo). Ancora la Chiesa di San Pietro dei Greci, dove la struttura quattrocentesca conserva la tipica copertura del tetto “a pignon” e il campanile a vela sull’ingresso laterale, costruzione tipica delle chiesette rurali pugliesi e la Chiesa di San Nicola in Montedoro, ovvero una delle chiese più antiche di Martina, che offre le pareti interne completamente affrescate.
LOCOROTONDO, l’anima antica
Ad appena 6 chilometri da Martina, verso l’Adriatico, impossibile non accorgersi di Locorotondo. Il paese ha radici antichissime, sicuramente il paese più antico della Valle d’Itria, perché ha avuto un passato importante, testimoniato dai tanti resti archeologici scoperti a ridosso delle scarpate di via Nardelli (chiamato dai locali “lungomare”) e sin sotto la circonvallazione. Qui sono stati scoperti un muro di origine messapica che probabilmente difendeva l’antica città che, come tutte le città elleniche classiche, aveva le case nella parte più bassa e la parte sacra sul colle. Con la fine dell’impero romano il tessuto urbano si è spostato sulla collina (monte Pennino) dove, a causa della sua conformazione tondeggiante, con i bizantini ma soprattutto con l’avvento dei Normanni, grazie all’incastellamento, ha ereditato il nome di “locus rotundus”.
Necessariamente anche la forma urbanistica ha dovuto seguire le linee geomorfologiche della collina, prendendo l’aspetto “rotondo” anche nell’edificazione delle mura medievali che, poi, ne hanno condizionato l’espansione e l’evoluzione medievale. Al centro del paese si innalza la settecentesca chiesa Madre di San Giorgio, eretta sulla precedente chiesa in stile gotico-romanico successiva all’anno mille. Di questa chiesa preesistente sono ancora visibili dei resti evidenziati nel restauro operato all’interno della chiesa attuale attraverso delle botole calpestabili in vetro ed alcune formelle in pietra locale con scene della vecchio e del nuovo testamento presenti nell’altare laterale corredato da una riproduzione dell’ultima cena. Di grande interesse storico-artistico anche la chiesa Madonna della Greca, costruita intorno alla fine del XV secolo (documento ufficiale 1520) con statue in pietra di notevole interesse, alcuni affreschi residui riproducesti una madonna con bambino. La struttura (la chiesa era extra-moenia) era inizialmente adibita alla liturgia bizantina. Tra le architetture civili di bell’aspetto il Palazzo Morelli in stile barocco, il municipio vecchio con la torretta dell’orologio, la splendida piazza Vittorio Emanuele, il centro storico con i tetti denominati “cummerse” (da cum-vergere) particolarmente appuntiti. La caratteristica del paese è la sua circonferenza quasi perfetta del centro storico, bianchissimo e pulitissimo, con il “balcone” che si affaccia sulla Valle d’Itria.
CRISPIANO, l’anima naturale
Il complesso turistico che vi ospita ricade nel territorio comunale di Crispiano. La città è conosciuta soprattutto per essere il “paese dalle cento masserie”, disseminate in un territorio ricco di verde (sempre più boscoso man mano che si sale di altitudine) e di terreni agricoli nella parte più pianeggiante. Ma la masseria rimane il tratto predominante della cittadina in provincia di Taranto, insieme alle tante grotte e siti ipogei che in passato hanno ospitato anche intere comunità, oltre ad essere state utilizzate come magazzini, stalle e spesso anche come luoghi di culto e contemplazione, sin dall’arrivo dei monaci basiliani.
Le masserie erano già note in età romana e greca. Erano aziende agricole nelle quali lavoravano le “masse di fatica”. Da qui il nome “massariciae” che potevano dar vita a grossi insediamenti abitativi, al centro di grandi appezzamenti di terreno e soprattutto racchiusi intorno ad un pozzo, una sorgente, una grotta. Con il cristianesimo immancabile divenne la cappella di comunità, ad uso della masseria. Spesso davano poi vita a veri e propri centri abitati come le villae.
Crispiano sorge attorno al solco carsico detto Vallone, abitato fin dalla Preistoria, e nel corso del Medioevo in questo Vallone ebbe sede l’Abbazia di Santa Maria di Crispiano, già attestata nel gennaio del 1226; a brevissima distanza esisteva anche il casale Crispiani, attestato per la prima volta nel 1269 in un documento angioino che ne attesta lo spopolamento. Altri piccoli insediamenti bassomedievali erano il casale Sancti Simini nell’omonimo Vallone, dove oggi sorge la frazione di San Simone e più a est il casale Ciliani, spopolato nel 1309, ma che erano caratterizzati da comunità non molto numerose.
A partire dal Seicento, le grotte del Vallone furono ripopolate in forma sempre più stabile e continua tanto da dare (o ridare) vita alle masserie che ancora oggi possiamo ammirare. Alcune anche di notevole grandezza e interesse storico-architettonico, composte da chiesetta di comunità e spesso anche con imponenti mura di cinta tanto da sembrare veri e proprio castelli o paesi fortificati.
MASSAFRA, l’anima rupestre
A 16 chilometri dal Parco è possibile visitare anche Massafra, arroccata su un pendio roccioso e che da il nome alla sua “piana” che scende verso il golfo di Taranto. Il nome del paese dovrebbe derivare da “Man-sapris” (ambiente grottale di eremiti). Nei secoli passati, la città è stata indicata anche come l’antica Messapia riportata molti secoli prima da Plinio il Vecchio, anche se questa teoria non è avvallata da altri riferimenti documentali e storici. Il primo agglomerato dovrebbe risalire però all’epoca bizantina, che riprendeva l’antica comunità ellenica Mασαύρα. La città acquistò le sembianze di un castrum fortificato con i normanni, infatti dopo la sua conquista venne concessa a Riccardo Senescalco, figlio di Drogone Altavilla, passando sotto la diocesi di Mottola. Questi fortificò il paese costruendo e restaurando il castello e nel 1080 donò la chiesa di Santa Lucia, con l’annesso monastero, e la terza parte della pesca che si faceva annualmente nel fiume Patemisco all’abbazia territoriale della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni.
La città offre numerosissime chiese, soprattutto di origine rupestre, che raccontano di una storia antichissima dove il “vivere in grotta” (o la grotta) non era un’eccezione. La sua posizione geografica, la composizione geologica della roccia, nonché le lame, le gravine scavate dai corsi d’acqua nei secoli (è definita anche Terra delle Gravine) e le tante grotte naturali, sono state l’habitat naturale sia per gli animali che per l’uomo. L’utilizzo di questi siti per l’uso religioso è attestato da numerosissime chiese rupestri, affrescate e decorate in stile bizantineggiante, che testimoniano la presenza monastica basiliana sin dalla loro comparsa nel sud Italia. Si contano all’incirca 30 siti rupestri di un certo interesse, più tanti altri minori disseminati nel territorio.
Tra le gravine merita una visita la gravina della Madonna della Scala, lunga 4 km, profonda 40 mt circa e larga fino a 50 mt. Ha inizio dal bivio della strada provinciale tra Martina Franca e Noci e sfiorando il paese termina quasi alla confluenza della via Appia. Al suo interno si trova il Santuario della Madonna della Scala e oltre 200 nuclei abitativi dell’originario villaggio. La parte nord è denominata “Capo di Gravina”, a cui segue la cosiddetta “Valle Delle Rose” che si estende ad ovest del paese, un tempo denominata Vallis Rosarum per la ricca vegetazione spontanea che ricopre l’intero letto dell’antico fiume Patemisco. Sono presenti molte varietà di piante. All’estremità sud, detta “Gravina di Calìtro”, vi è il santuario seicentesco della Madonna di Tutte le Grazie e i resti di tre chiese rupestri: Santa Maria Maddalena, Santa Parasceve e Sant’Eustachio.
Altre località di pregio visitabili:
da 30 a 40 minuti di macchina è possibile visitare la splendida e antichissima città di Taranto, ma anche Cisternino, Alberobello, Ostuni, Mottola e lo Zoo Safari di Fasano.
Da 40 a 70 minuti di macchina potete visitare Monopoli e Polignano a Mare spostandovi verso l’Adriatico, Oria nel brindisino, oppure spostarvi a Matera, altra città che meriterebbe una visita e che non ha bisogno di presentazioni, così come la capitale del barocco, ovvero Lecce.